In nome di Tatarella Lo spartiacque della democrazia Finalmente la sinistra italiana ha trovato dopo tanti decenni di calvario un leader storico capace di indicarle un percorso lineare, trattasi dell’encomiabile Giuseppe Tatarella, detto “Pinuccio”, ex dirigente del Movimento sociale italiano di Cerignola, poi fondatore di Alleanza nazionale e alleato leale, fino alla sua prematura scomparsa, di Silvio Berlusconi. Le eccezionali qualità politiche dell’onorevole Tatarella sono risultate persino utili a sanare il conflitto interno al Pd che pure sembrava destinato a produrre una catastrofe. Del resto Berlusconi aveva definito il suo apprezzatissimo ministro Tatarella, il “ministro dell’Armonia” proprio per la capacità di dipanare i contrasti, ed infatti a distanza di tanti anni, ancora ci riesce con la sua legge per le Regionali, il primo passo concreto verso la modifica del sistema elettorale in senso presidenziale compiuto nel Paese. Elevato quindi Tatarella a guida della ritrovata unità del Pd, ancora non si è capito esattamente quale sia il meccanismo elettorale a cui il Pd intende rivolgersi per mettere definitivamente una pietra sopra al lungo contenzioso che ha caratterizzato il corpo del partito. La legge regionale di Tatarella introduceva i listini di consiglieri che venivano affiancati al nome del candidato a governatore, ma il premier ha detto di non riferirsi al metodo, quanto al principio, ovvero quello di una designazione, che non necessariamente corrispondeva con l’elezione diretta. Poi abbiamo anche letto che si attribuisce al premier la frase secondo cui “l’elettività non è lo spartiacque della democrazia“, frase complessa che meriterebbe una qualche prudenza. Qualunque sia l’interpretazione del metodo Mattarella da parte delle finissime menti costituzionali del Pd, non dubitiamo che maggioranza e minoranza troveranno un’intesa, tanto che Bersani da quel di Modena, gongola felice che Verdini non serve più. L’unico problema rimasto al presidente del Consiglio sarebbe dunque quello del presidente del Senato. Grasso potrebbe ancora decidere di riaprire il contenzioso sull’articolo due. Sinceramente dubitiamo che lo faccia, non tanto perché si tratterebbe di un inedito, se lo spartiacque della democrazia non è l’elettività, figurarsi se può esserlo la consuetudine, ma perché il premier, dopo l’aver minacciato di fare del Senato un Museo, ha ringhiato persino di voler convocare le Camere. Insomma se non ci si pone un freno, la furia di Renzi, arriverà a ridurre il Parlamento interno ad un bivacco dove ospitare notte e giorni Boschi, Serracchiani e Scalfarotto. Per cui davvero il presidente Grasso si adegui di buon grado alla volontà suprema del premier, risparmiandosi colpi di testa. Nemmeno il Senato funge da spartiacque della democrazia. Roma, 22 settembre 2015 |